“Il problema è il team!”. È questa la frase di esordio di molti imprenditori.
Il problema è il team che non rispetta le indicazioni ricevute, il problema è il team che non fa uno sforzo per venire incontro alle esigenze della direzione, il problema è il team che pretende condizioni sempre più favorevoli, il problema è il team perché ogni due per tre se ne va via qualcuno.
In effetti alcuni team assomigliano alla tela di Penelope, mentre la direzione prepara le condizioni di stabilizzazione del team alcuni membri abbandonano costringendo a ripetere e adeguare l’intervento di stabilizzazione.
Come si fa a stabilizzare un team?
Bisogna creare le condizioni.
Sono queste le parole magiche. Bisogna mettere le persone nelle condizioni di lavorare bene. Solo dopo aver creato le condizioni si potrà valutare l’effettiva capacità dei membri del team.
Nella sanità il paziente è parte integrante del team. Per prima cosa si creano le condizioni affinché il paziente possa ricevere una cura adeguata, personalizzata e sicura. Con questo obiettivo si selezionano i professionisti della salute, competenti, esperti e specializzati. Si valutano dal punto di vista operativo, delle conoscenze e dell’aggiornamento nonché delle capacità relazionali. Si condividono valori e principi guida, si organizza la loro presenza e si avvia la fase di inserimento. Analogamente si selezionano le figure ausiliarie che consentono ai professionisti della salute di lavorare al meglio affidando loro la gestione degli ambienti, le attività organizzative e di assistenza ai professionisti.
Per prima cosa bisogna identificare con precisione chi si occupa di cosa.
Mappare le responsabilità ed i compiti. Vanno considerate le attività che sono a diretto contatto con il “cliente – paziente” e quelle che richiedono un tempo di preparazione a queste (il principio della front line e back line). Bisogna valutare se nell’orario di lavoro è adeguatamente stimato il tempo di back line (cioè di preparazione delle attività centrali, solitamente a contatto diretto con il cliente-paziente), e se l’orario complessivo è congruo rispetto ai compiti ed alle responsabilità. Va considerata l’esperienza maturata dai membri del team, il livello di autonomia operativa e la qualità del tutoraggio. Già solo affrontando questi aspetti si è a metà dell’opera di stabilizzazione del team perché si iniziano a delineare le condizioni di lavoro in team.
Perché un membro di un team non rispetta le indicazioni ricevute?
La risposta più semplice spesso è quella più giusta: perché non le ha ricevute. Perché la formazione è un passaparola discrezionale anziché un processo di affiancamento e tutoraggio con obiettivi precisi. Chi agisce come vuole all’interno di un team è perché si sta prendendo uno spazio di libertà che qualcuno non presidia. La responsabilità è di chi lascia lo spazio, non di chi se lo prende. Chi se lo prende avrà i suoi motivi, è colui che lascia agire liberamente che ne è responsabile e che deve porre rimedio, pena la presenza di continue lotte intestine nel team.
Perché un membro di un team non va incontro alle esigenze della direzione?
Perché se lo può permettere. Molte persone possono permettersi di dare al lavoro un peso relativo nella propria vita. Hanno altre priorità e il lavoro è un elemento complementare ma non prioritario, motivo per cui subordinano le esigenze del lavoro alle loro. Altri perché la direzione non è andata incontro alle loro nel passato, in una sorta di chi la fa l’aspetti. Molti team hanno comportamenti la cui origine risale ad anni prima, all’inizio del rapporto di lavoro, con altri team altre situazioni ed altri contesti.
Perché un membro di team pretende condizioni di lavoro sempre più favorevoli?
Se un membro di un team chiede “di più”, a volte è perché la direzione si è scordata di offrire. Il compito della direzione dovrebbe essere quello di riconoscere il peso specifico di ogni persona in azienda, di domandarsi chi come e quando potrebbe farsi carico delle attività di quell’elemento, per valorizzarlo adeguatamente. Ci sono persone che chiedono aumenti e miglioramenti a prescindere da quello che sono disposti a dare in cambio, e chiedono aumenti per il costo della vita, per mutate esigenze personali ed altri che insieme alla richiesta di aumento e miglioramento della propria posizione mettono sul tavolo cosa sono disposti a dare o fare per ottenere il miglioramento dell loro condizioni lavorative e/o remunerative. Se fate parte della direzione e vi arriva una richiesta di miglioramento della posizione lavorativa ponetevi la domanda: ho sottovalutato il peso specifico che questa persona ha in questa azienda? Se mette sul tavolo ciò che è disposto a fare in cambio del miglioramento della sua posizione ( studiare, apprendere nuovi processi, farsi carico di nuove o altre responsabilità o attività) al 90 % siete davanti a un membro del team molto prezioso che è meglio non lasciarsi scappare.
Perché ogni due per tre se ne va un elemento del team ?
Per diversi motivi:
- perché alcune persone non sanno sostenere l’idea di un obiettivo da raggiungere e misurano solo il “qui ed ora” che ovviamente giudicano insufficiente rispetto ad un lavoro ideale nella loro mente. Sono persone che hanno bisogno di piccoli riconoscimenti costanti e non riescono a capire che alcuni riconoscimenti più significativi durano nel tempo ma hanno bisogno di più tempo per strutturarsi.
- Perché alcune persone subordinano il lavoro ad altre esigenze ritenute più importanti, e se il lavoro comporta disagio, sforzo o sacrificio, cambiano in funzione di altro ( minimo sforzo massimo risultato).
- Perché alcune persone sono molto sensibili al clima di lavoro e se non si sentono ben accolti e sostenuti dalla squadra preferiscono rinunciare loro a una opportunità piuttosto che combattere per cambiare le cose.
- Perché alcuni portano davvero molta pazienza, si votano alla causa anima e corpo, danno il 100% ma vengono dati per scontati e difficilmente gratificati se non chiedono direttamente i riconoscimenti e paradossalmente anche quando li chiedono possono sentirsi dire “bisogna valutare”.
- Perché l’offerta di lavoro era vaga e indefinita, le prospettive di carriera inesistenti, lo stipendio seppur adeguato alla legge privo di attrattiva, il progetto di crescita inesistente.
Sì, a volte il problema è il team ma, se andiamo a guardare bene, quante ore vengono dedicate alla costruzione del team? Quante volte la direzione si ritiene esclusa dal processo di mappatura delle attività e manca i suoi obiettivi?
Se hai bisogno di un team significa che la qualità di quello che eroghi è elevata, abbastanza da non poter essere erogata da sola. Devi pertanto dedicare tempo alla costruzione del tuo team, riuscendo nell’incastro magico: tot di ore alla produzione, tot di ore all’organizzazione, tot di ore alla costruzione del team.
Il team sanitario è un insieme di persone con storie ed esigenze diverse, esperienza, competenza e livelli di autonomia operativa diversi, responsabilità e professionalità interdipendenti al servizio del paziente. Si a volte il problema è il team, che non si rende conto di quanto è complicato creare le condizioni affinchè tutti possano esprimersi al meglio sempre e comunque a favore del paziente, che affida la sua salute a questi team.
Essere leader di un team sanitario è molto impegnativo: servono idee chiare sullo scopo e sull’obiettivo professionale, servono ruoli e responsabilità definite, è necessario conoscere quanti e quali compiti svolge ognuno, avere un orario che supporti l’obiettivo professionale e i ruoli di ogni membro del team, è necessario definire e assegnare le risorse, stabilire gli obiettivi intermedi e verificare costantemente l’evoluzione per intervenire al momento giusto se qualcosa non quadra.
Il mio suggerimento per ogni membro di un team è di concentrarsi sul proprio ruolo, sulle proprie responsabilità e sui propri compiti, il 90% delle volte questa consapevolezza e concentrazione avvia un processo virtuoso a cascata.