Il problema è il capo!

Capo

Quante volte ho sentito questa  frase di esordio da parte di alcuni membri di un team!

A volte è vero, alcuni problemi dipendono dal boss, che non spiega con chiarezza gli obiettivi o che non alloca le giuste risorse per raggiungerli, spesso però si addossa al capo la colpa se le cose non vanno perché ci si aspetta che in quanto capo, sia il primo a adottare comportamenti virtuosi. È la dinamica dell’alibi anziché della motivazione

Addossare la responsabilità al capo, infatti, è uno degli alibi più usati dai team.

È vero che in parte è responsabilità di un capo se qualcosa non funziona, perché probabilmente non sono ancora presenti  le condizioni che risolvono i problemi, ma è altrettanto vero che non è mai solo responsabilità di un capo se qualcosa non funziona. 

Nei team a volte si instaurano delle dinamiche disfunzionali: il capo chiede l’adozione di comportamenti virtuosi in nome della qualità del proprio brand, chiede al team puntualità, organizzazione, attenzione, precisione, ascolto e affidabilità. Il fatto che chieda al team il rispetto di alcuni criteri di qualità non da automaticamente l’alibi al team di disattendere le aspettative “finché non è il primo lui ad adottarli”. Anzi questo atteggiamento porta una spirale negativa nel clima di lavoro, si innescano  alibi in cui il peggio dell’uno diventa l’alibi per il peggio dell’altro. 

Ho lavorato in team così e il risultato è pessimo: invece di migliorare e governare professionalmente il proprio destino, si lascia il proprio livello di performance e di crescita in balia degli altri. Dopo qualche mese in team così disfunzionali ti rendi conto che invece di stimolarti a crescere e ad apprendere ti stai impoverendo, stai perdendo come persona e come professionista.

Se invece all’interno dei team, quando viene richiesta l’adozione di un comportamento “virtuoso” o  maggiormente professionale, ognuno pensa a fare del suo meglio per metterlo in pratica e per quanto le condizioni lo consentono, manterrà alta la sua autostima perché saprà di aver cercato di mettere in pratica il miglioramento e nel caso in cui il boss si presenti con lamentele saprà elencare con precisione quali sono le condizioni che hanno reso inapplicabile il comportamento virtuoso. Bastano un paio di elementi virtuosi in un team per invertire l’atteggiamento e passare da team che vive di alibi a team motivato al cambiamento, che mette all’angolo il capo sulle sue responsabilità oggettive in modo propositivo.  

Tuttavia, esistono dei capi che sono davvero un problema: 

  1. Mancano di umiltà, riconoscere di aver sbagliato o di non aver governato bene un’emozione sembra impossibile per loro (chi ha una certa età ricorderà Fonzie in Happy Days che non riusciva  chiedere scusa) 
  2. Mancano di stabilità dell’umore. Giornate all’insegna dell’armonia e della tolleranza in uno sfoggio di qualità umane e professionali altamente seduttive e giornate all’insegna dell’insopportabilità con comportamenti tipici dell’adolescenza. 
  3. Mancano di capacità di comunicazione: convinti di comunicare con chiarezza adottano invece un linguaggio vago altamente interpretabile oppure non ascoltano il prossimo. 
  4. Mancano di contestualizzazione: non esistono spazi in agenda per fare il punto della situazione, per prendere visione dell’ordine del giorno dei casi dei pazienti, per prendere atto se il team è presente al completo o se ci sono defezioni, se è il caso di rimodulare la giornata o se è il caso di serrare i ranghi e affrontare il flusso clinico  a muso duro, coesi compatti e altamente motivati. 
  5. Mancano della visione imprenditoriale provvista di delega: totalmente concentrati sulla procedura vogliono controllare tutto, decidere tutto (perché nessuno sa scegliere come sceglierebbero loro) incapaci di delegare si circondano di una schiera di “camerieri efficaci” persone pronte ad eseguire compiti elementari dall’autonomia limitata, salvo poi lamentarsi che nessuno prende iniziative.  

In fondo  si tratta di maturità professionale per tutti, per team e team-leader. Il tema della maturità professionale è un problema che riguarda tutti a tutti i livelli: essere maturi professionalmente significa essere perfettamente consapevoli del proprio ruolo (ed essere leader di un team è diverso che essere un professionista a cui il paziente affida la sua salute) essere perfettamente consapevoli delle aspettative di competenza professionale del ruolo (sapere, saper fare, saper essere ) ed adottare sistematicamente i comportamenti attesi nel ruolo, governando la propria personalità in funzione del ruolo che si adotta. 

Da un capo, da un leader, da un boss, ci si aspettano idee chiare, comunicate con altrettanta chiarezza, allocazione delle risorse giuste in funzione degli obiettivi delineati, la definizione dei criteri di qualità o degli standard minimi da rispettare nel raggiungimento dell’obiettivo, un’autonomia relativa che consenta di crescere e maturare professionalmente.

Ci si aspetta gratificazione e riconoscimento quando si è stati efficaci ed efficienti, perché a volte basta un piccolo complimento per rialimentare il fuoco della motivazione.

Quando è utile il Business coach

Il capo deve desiderare con tutte le sue forze di creare le condizioni che mettano sé stesso e il team nelle  condizioni di dare e lavorare  al meglio.  Se è in grado lo fa in autonomia altrimenti si avvale di un coach.

In relazione ai numeri del dentale sono ancora pochi gli imprenditori che si avvalgono di un servizio di Business coaching: un po’ perché nel passato l’attività professionale si gestiva da professionista e non da imprenditore (bastava essere un bravo professionista e automaticamente l’attività fioriva), un po’  perché l’idea di confrontarsi con una persona che non propone soluzioni pronte ma che stimola riflessioni profonde dalle quali scaturiscono le soluzioni giuste per lui può spaventare, un po’ perché non si sa ancora bene cosa fa un business coach. 

Un Business coach è un professionista del coaching che applica strumenti e tecniche tipiche del coaching nell’ambito business, (ovvero strumenti e tecniche che aiutano le persone a individuare i propri obiettivi ed a perseguirli) che però sa parlare un linguaggio di impresa e capisce le logiche di profitto e sa che fanno parte degli obiettivi da perseguire. Un Business coach aiuta l’imprenditore a definire con chiarezza i suoi obiettivi, lo aiuta ad allocare le risorse giuste, a mettere in pista le competenze necessarie affinché la probabilità di raggiungere gli obiettivi prefissi sia altissima.

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